Dopo la guerra, intendiamo quella del ’40-’45, molti aspetti della nostra cultura popolare sono scomparsi per lasciare il posto, con la “ricostruzione”, ad un nuovo modello di società, sempre più lontana da quella civiltà contadina che ha caratterizzato, per secoli, la nostra cultura.
Anche le rogazioni hanno dovuto pagare il loro pegno.
Vediamo di che cosa si trattava, basandoci sulla testimonianza di chi le ha vissute di persona.
Ai primi di Maggio, per tre giorni consecutivi, la gente si alzava di buon‟ora per assistere alla messa mattutina delle sei, dopo di ché il prete, alla testa del corteo, si recava ai confini del paese per la benedizione dei campi e per implorare il Signore, la Madonna e i Santi affinché proteggessero la comunità dalla carestia, dalla peste e dalla guerra.
“Libera nos a fame, peste et bello” recitava il sacerdote quando, arrivato all‟angolo di una strada, si fermava per benedire i campi, che in quel periodo erano nel pieno rigoglio.
Poi il corteo proseguiva e il prete riprendeva le rogazioni, cioè le invocazioni a tutti i santi, citati uno per uno, ad ognuna delle quali i fedeli rispondevano con un “ora pro nobis”. Alla fine, si faceva ritorno alla chiesa e il corteo si scioglieva.
A Ciliverghe, il primo giorno, il corteo si recava in terza contrada per poi tornare alla chiesa passando dalla seconda. Per l‟attraversamento della ferrovia non c‟erano problemi, in quanto avevamo un casellante sia all‟inizio della terza contrada che alla fine della seconda. Nel secondo giorno si ripeteva il tragitto che tutt’ora si segue per la processione di san Rocco, ovvero la prima contrada, gli Scaletti e via san Rocco.
Il terzo giorno, toccava ai Finiletti e alle Bettole.
Persone ce n’erano, nonostante l’orario mattutino. Anzi, si iniziava di buon mattino proprio per consentire ai fedeli, soprattutto ai contadini, che erano i principali interessati, di tornare presto ai lavori quotidiani. Non mancavano mai i Lonati, i Sangalì, che erano i fattori della famiglia Strada (e non i Sangaletti, arrivati da noi dopo la guerra), i Filippini della Rezzadella, i Massardoni, i Guglielmi, i Molteni, i Benedetti…
La loro partecipazione equivaleva ad una forma di assicurazione…celeste.
Come tutte le assicurazioni, però, c’era un premio da pagare: ogni domenica mattina, delle ragazze passavano nelle varie fattorie per la raccolta delle uova e nessuno dei contadini faceva mancare la propria generosità. Il resto del premio assicurativo, che era la parte più consistente, lo si versava a fine Ottobre, in occasione della “Festa del ringraziamento”: in base al raccolto, i nostri contadini versavano al parroco sacchi di grano e quant‟altro la terra aveva prodotto.
Il rito delle rogazioni (il termine deriva dal verbo latino “rogare”, che significa chiedere con passione) è molto antico e risale alla fine del ‘600. Ancora oggi possiamo vedere dei segni concreti di questa tradizione: sono le croci di confine, dette anche croci bianche.
Ai confini del paese si fissavano delle croci di pietra e qui si soffermava il corteo per la benedizione dei campi. Da noi ne è rimasta ancora una, dopo la Fassa, prima della strada del boscone, nel luogo che ancora oggi gli anziani chiamano “la crus bianca”.